DESTINAZIONI  IMMAGINARIE   "Racconto per Ragazzi"             Luglio 2016
Ma come era finito lì, in una stazione dei treni, sotto quel sole caldo e quella luce bianca , accecante, che inondava ogni cosa? Il riverbero era tale da creare muri abbaglianti oltre i quali il suo sguardo non andava, tant’è che Mirko aveva capito di trovarsi in una stazione ferroviaria unicamente dallo sferragliare dei vagoni sulle rotaie, che lui i treni nemmeno li vedeva e a dire il vero non vedeva nemmeno la stazione.            Sapeva però di essere solo, poichè tra il passaggio di un treno e l’altro non si udiva che il silenzio, un silenzio penetrante come la luce del sole.
Mirko avrebbe voluto andar via da lì….” È inutile rimanere, tanto non c’è nessuno”- pensò- “ e poi non mi piace questo posto,è troppo… bianco…e i colori? Perché sono scomparsi tutti i colori?”.
Tuttavia non si muoveva, una forza a lui ben nota prevaricava ogni altra sua intenzione : la forza della curiosità, del voler sapere.
“Cercherò un po’ d’ombra – si disse – forse riuscirò a vedere meglio, a distinguere qualcosa” e a fatica si guardò intorno, stringendo gli occhi come fessure, per penetrare quel chiarore fosforescente.
Ancora un treno, poi un altro e all’improvviso lo vide. Galoppava verso di lui, si sentiva chiaramente il rumore degli zoccoli ed era strano che Mirko riuscisse a vederlo, bianco nel bianco. Magari era per via di quei bagliori che gli nascevano sulla sommità del capo, come quando la luce colpisce la lama di una spada.                                                                                                           Mirko sventolò più volte le braccia in aria, per attirare la sua attenzione e lo chiamò, gridò il suo nome e lo gridò di nuovo…” Alì….Alì…” ma quel galoppo, la criniera fluttuante, il bagliore del capo lo oltrepassarono senza fermarsi.  Era un unicorno, il “ suo “ unicorno.                                                                                                    “ Alì, Alì, torna indietro! “, il bambino si sfiatava ma indietro gli ritornò solo la sua voce, amplificata in un eco senza fine.                                                                                                                                                                        “ Ecco dove s’era cacciato! Ecco perché non lo trovavo più….s’è perso anche lui in questa stazione del cavolo!” pensò, ma subito riprese..”  Alì aspettami! “ e Mirko si mise a correre nella stessa direzione in cui aveva visto scomparire il suo unicorno. Corse, corse alla cieca nonostante fosse immerso nella luce e proprio perché correva alla cieca, senza vedere oltre il suo naso, andò a sbattere con violenza contro una porta, una piccola porta, che pareva la tavolozza di un pittore. ” Accidenti ! “ imprecò il bambino, quel mare di colore lo attirava a sé, come una calamita. Poi quella porta si spalancò di colpo. Mirko fu catapultato all’interno e con un bel capitombolo atterrò sul pavimento: ci vollero pochi secondi perché si riprendesse dallo scontro con la porta e dall’atterraggio rovinoso.
Si tirò su, strabuzzò gli occhi e si guardò intorno.                                                                                                                                                             Quello che vide lo lasciò senza fiato: si trovava dentro ad una grotta immensa, così grande, ma così grande che gli sembrò di essere entrato in un’altra dimensione. C’erano stalattiti, stalagmiti e colonne che celavano in parte grotte più piccole. Tutto era coloratissimo, anche i treni in arrivo o in partenza che viaggiavano su due binari  attraversando il centro di quell’immenso scenario.
Mirko ebbe la certezza che fossero gli stessi treni che aveva sentito sferragliare là fuori…” ma dove vanno?” si chiese. Poi vide bambini di tutte le razze del mondo salire e scendere dai vagoni, mentre altri stavano seduti per terra un po’ dovunque o in rientranze della roccia. Leggevano, disegnavano, scrivevano… . Quelli più vicini a lui lo salutarono…” ciao, sei arrivato adesso?”                                                                                                                                                                             Dappertutto c’erano libri, fogli bianchi, fogli scritti e fogli interamente occupati da bellissimi disegni. E poi  penne, matite colorate, acquarelli, pennelli…e ancora, una varietà di personaggi fiabeschi che neanche si potevano contare, e tappeti volanti, lampade magiche, animali e folletti. Tutto e tutti, in un continuo movimento. Entravano e uscivano da quei libri, dai disegni, dai fogli…oppure volteggiavano in aria, senza peso, come in attesa che qualcuno li chiamasse. Mirko era frastornato, ma anche affascinato e travolto da quel mondo in totale fermento che gli ruotava attorno. Fece qualche passo e si avvicinò a un bambino; aveva il viso cosparso di lentiggini e una selva di capelli color carota, era completamente assorto e stava scrivendo…                                                                                                
” Ciao, cosa scrivi? “ chiese Mirko.                                                                                                                                                             “ Scrivo una storia di gnomi “ rispose quello.                                                                                                                         “ Dev’essere divertente! “ ipotizzò Mirko.                                                                                                                                                     “ E’ divertente sì, ma sarà più divertente quando l’avrò terminata “, confermò il piccolo scrittore.
“ Perché? Cosa succederà  quando l’avrai terminata? “                                                                                                               “ Ma allora è la prima volta che vieni qui! “ esclamò il bambino dai capelli rossi.                                                                   “ Già “ fu la risposta e Mirko stava per raccontare come era capitato lì quando gli parve di sentire pronunciare il suo nome, quasi gli giungesse alle orecchie da assai lontano;  si guardò attorno e fu allora che lo rivide. Usciva da una grotta laterale…sì, proprio lui, l’unicorno, in tutta la sua magica bellezza.
“Guarda, guarda è il mio unicorno! “ esclamò Mirko e si slanciò verso il cavallo bianco, perché con tutte le sue forze voleva raggiungerlo, prima che gli sfuggisse di nuovo….” Alì, Alì, aspettami, sono io, non te ne andare! “ strepitava e all’improvviso si sentì sollevare in aria, come fosse anche lui senza peso e in un batter d’occhio si ritrovò in groppa all’unicorno.                                                                                                                            “ Alì, ti ho cercato tanto…perché te ne sei andato? Mi hai lasciato da solo. Eri il mio più caro amico…” e Mirko si strinse forte al collo dell’animale.                                                                                                                  “Guarda che non è come pensi – il cavallo scosse la lunga criniera – io ero sempre lì con te, soltanto che tu avevi perduto la capacità di vedermi…”                                                                                                                                                 “ E ora perché ti vedo? “ incalzò il bambino.                                                                                                                             “ Ma non l’hai capito? Non hai capito dove ti trovi? Non hai letto cosa c’è scritto sulla targa della porta, prima di entrare qui? ”                                                                                                                                                               “ No…ma questo posto è fantastico! E quei treni dove vanno? Posso salirci anch’io? Vieni anche tu con me, vero? “. Domande su domande, Mirko scoppiava di curiosità, voleva sapere, capire cosa accadeva in quel mondo straordinario.
L’unicorno si mosse e si portò al centro della grotta, vicino ad un treno in partenza.
” Ecco – spiegò – ogni volta che un bambino ha il desiderio di vivere una storia fantastica, richiama con la mente i personaggi, gli oggetti, gli animali che di quella storia devono far parte e crea un disegno, un racconto oppure entra in una storia già scritta. Quando la sua opera si conclude o ha terminato la lettura di un libro, può salire sul treno che lo porterà dritto, dritto, nel cuore della sua immaginazione. Prova, prova anche tu… non ti sarà difficile perché hai già compiuto questo viaggio. Purtroppo un giorno ti sei perso, hai smarrito i colori della fantasia e allora hai dimenticato.”
Mirko ascoltava le parole di Alì ma non ebbe nemmeno il tempo di replicare che vide venirgli incontro una miriade di figure fantastiche, e tutte volevano entrare nell’avventura che Mirko, senza neanche accorgersene, aveva iniziato ad immaginare: narrava di un unicorno che…                                                                                                                                                                                          Le vicende del magico animale e dei personaggi che lo accompagnavano divennero talmente coinvolgenti che Mirko si dimenticò persino di scoprire cosa ci fosse scritto sulla targa della porta dai mille colori.
La targa riportava due sole parole: DESTINAZIONI  IMMAGINARIE.