Il Gatto                                 Ottobre 2016

Lo chiamavano ‘ Giovanni il treno’. GT, per abbreviare. Percorreva in sette minuti, da un capo all’altro, la strada diritta che attraversa il paese. Camminava  guardando a terra, a passo lesto sempre uguale, quasi le gambe andassero per conto proprio seguendo una cadenza precisa, indipendenti dalla sua volontà.
Nulla lo fermava o lo faceva rallentare; scansava qualsiasi ostacolo, soprattutto le persone. Doveva arrivare.
Dalla casa famiglia alla stazione e viceversa, per tre volte al giorno, a orari talmente precisi che sul passaggio di GT ci si poteva regolare l’orologio.
GT era ospite della Casa da qualche mese. Nessuno era mai riuscito a parlargli, nessuno sapeva se davvero si chiamasse  Giovanni, ma in fondo, cosa importava? Il paese ormai l’aveva battezzato “ Giovanni il treno” ed era cosa fatta.
I soliti buontemponi un giorno scommisero che durante il passaggio del pomeriggio, non solo sarebbero riusciti a fermare l’uomo, ma addirittura lo avrebbero convinto a bere una birra con loro.
All’ora stabilita in quattro uscirono dal bar, dove soggiornavano assai volentieri, e si misero di traverso sul marciapiede, sbarrandogli il passo di colpo.
La mossa di GT li mise subito fuori gioco. Scansò, dribblò, balzò giù dal marciapiede, li aggirò, risalì sul marciapiede dopo averli superati. Senza interrompere il passo, senza rallentare, senza accelerare.
Senza neanche accorgersi, forse, della macchina che sopraggiungeva, dello stridere dei freni, dell’uomo alla guida che inchiodata l’auto a un passo da lui, appariva impietrito, che se l’era già visto sotto le ruote.
I quattro buontemponi rimasero senza parole. Gli astanti li coprirono di insulti. Ritornò la consuetudine.
Un giorno di primavera, durante il passaggio del mattino, GT si fermò.  Intorno, tutto si fermò con lui.
L’uomo stava lì, immobile, accanto ad un cassonetto per la raccolta della carta.
Dapprima nessuno comprese il motivo di quella sosta improvvisa, poi qualcuno si accorse che da sotto il cassonetto spuntava il muso minuscolo di un gattino, talmente piccolo che si intravedeva appena. GT rimaneva vicino al cassonetto e non si muoveva, sembrava che neanche respirasse: guardava il piccolo animale come ipnotizzato, e un capannello di persone guardava lui, aspettando un cenno, una mossa, qualcosa che sbloccasse la situazione.
Poi un signore sulla sessantina si fece avanti…”lo vuoi prendere?” chiese.
GT fece segno di sì con un cenno del capo e attese, senza un movimento, solamente un poco sbilanciato in avanti, come a tradire una certa trepidazione. Quando ebbe il gattino tra le mani gli dissero “ attento, è così piccolo, non fargli male…” e lui fece no con la testa, mentre lo accarezzava delicatamente con due dita.
Per due giorni “Giovanni il treno” sparì dalla circolazione, poi lo si rivide, puntualissimo, al passaggio del mattino. Portava una sporta da cui spuntava il musetto del gatto, gli occhi gialli come topazi, perfettamente a suo agio.
Lui guardava diritto davanti a sé e sorrideva.