UN  NATALE  PER  RICOMINCIARE  
     
La casa sulla collina era troppo vecchia, troppo lontana dal paese, troppo vicina al bosco, con troppo terreno intorno. Vi si accedeva con una strada troppo sconnessa, difficilmente percorribile con l’auto e una volta arrivati si notavano non so quante altre piccole costruzioni, in pietra o in legno, che un tempo erano state adibite agli usi più svariati. Pollaio, ovile, cascina per il fieno, stalla, magazzino e così via. Apparivano come satelliti intorno a un pianeta in rovina.
All’inizio della strada che portava alla casa, era stato posto un cartello plastificato, infisso su un paletto:
“ VENDESI  PROPRIETA’ ”. Stava là da anni, ma un giorno il cartello era sparito.
Tu, capelli bianchi e un viso cupo che probabilmente ti faceva apparire più vecchio di quanto fossi in realtà, avevi concluso l’affare in pochissimo tempo e la casa era stata venduta.
Nei dintorni fummo tutti contenti, si pensava ad un nuovo inizio. Al contrario non accadde nulla.
Ogni tanto ti si vedeva sulla tua jeep, discendere o risalire la strada che portava sulla collina, oppure addentrarti nel bosco. A volte dal tetto della casa usciva un filo di fumo, nient’altro.
Per un po’ hai suscitato grande curiosità. Barba e capelli bianchi, quasi lunghi, corporatura massiccia per un’altezza importante. Tu non parlavi con nessuno mentre tutti avrebbero voluto parlare con te.
Poi anche la curiosità è svanita. La tua presenza non aveva cambiato di una virgola lo stato delle cose, fino a quel pomeriggio.
Era dicembre, ma il freddo quell’anno stentava a farsi avanti. Senza quasi rendercene conto eravamo a pochi giorni dal Natale. Come sempre, quando sopraggiungeva quel periodo dell’anno, i bambini erano elettrizzati e a stento si riusciva a contenere la loro eccitazione. In quel pomeriggio di cielo azzurro, subito dopo pranzo, i bambini erano andati nel bosco a cercare il muschio per il presepe e a prendere l’agrifoglio, scegliendo i rami più ricchi di palline rosse, perché senza l’agrifoglio, che Natale è?
Cominciava ad imbrunire quando li vidi tornare. Perché ci avevano messo tanto? Sapevano che non concedevo deroghe sul rispetto degli orari.
Quando entrarono in casa, però, non riuscii a rimproverarli. Avevano negli occhi l’inconfondibile luccichio delle scoperte sensazionali e tenevano in mano ciascuno, un piccolo oggetto, euforici.
Mi dissero di averti incontrato mentre stavano tornando verso casa. Tu li avevi convinti ad aspettarti un attimo e poco dopo eri tornato con due oggetti, due bellissimi animaletti scolpiti nel legno, un cane e un gatto.
“ Ha detto che li ha fatti lui. ” Anna, con la sua vocina petulante, mi aveva raccontato che tu avevi scolpito molti altri animali.
“ Io l’ho invitato a venire qui da noi, qualche volta, se si sente solo.” Andrea, dodici anni, non perdeva mai l’occasione per dire quello che avrebbe detto suo padre in quel momento.
Io ho rigirato tra le mani gli animali in miniatura; erano belli, molto. Avrei voluto ringraziarti, ma nei giorni seguenti nessuno ti vide più. I bambini però continuavano a parlare di te.
“ Vado a trovarlo” disse un giorno Andrea, con fare deciso.
“ Non puoi – lo fermai, allarmata – non sappiamo nemmeno chi è! “
Ma Andrea non si lasciava smontare…” se hai paura che mi succeda qualcosa, vieni anche tu”, mi disse.
Così io, Anna e Andrea siamo arrivati a casa tua.
Tu stavi spaccando legna là davanti e, nonostante l’età, emanavi una grande potenza. Ci hai visto e hai posato l’ascia. Noi ci siamo fermati poco distante….” Buongiorno “  ho detto, cercando di dimostrare una sicurezza che non provavo neanche minimamente.
“ Buongiorno “ hai risposto, ma non sembravi per niente contento di vederci lì. Poi Anna senza badare al silenzio imbarazzato dal quale non sapevo uscire, ti ha chiesto se potevamo vedere gli altri animali di legno.
Allora tu hai sorriso …” certo, venite dentro”.
La casa, all’interno, non sembrava così malandata come da fuori. C’era un caminetto acceso e tutto era in ordine. Su ampie scaffalature stava in mostra la più bella collezione di animali di legno che avessi mai visto,  alcuni in radica. Cani, gatti, scoiattoli, cavalli, aquile, di varie dimensioni, e poi anatre, uccellini e rane.
Andrea guardava incantato.
“ Puoi prenderli se vuoi, così li osservi da vicino” avevi detto e lui ha preso in mano un’aquila e l’accarezzava sulla testa come se avesse voluto ammaestrarla. Poi se n’è uscito con una richiesta che ha lasciato di sasso anche me.
“ Mi potresti insegnare? “
Tu non hai risposto subito, hai messo dell’altra legna nel fuoco. Hai ripreso la tua espressione severa…” non va bene che tu venga qui, io non sono una compagnia adatta.”
Hai attizzato ancora il fuoco piegandoti in avanti, poi hai riguadagnato tutta la tua imponenza…” mi sono fatto vent’anni di carcere, ragazzo.”  L’hai detto così, davanti ai bambini, come se volessi spaventarli di proposito.
Poi hai comandato…  “è meglio che andiate a casa, adesso” e sei tornato al tuo lavoro.
Andrea si è ammutolito, ma sentivo che Anna aveva sulla punta della lingua una raffica di domande. Era meglio tornare a casa davvero, prima che la cosa prendesse una piega imbarazzante.
Durante la cena la bambina non stava zitta un attimo, parlava sempre di te. Poneva domande su domande a me, a suo padre, ma non era sempre possibile rispondere.
“ Perché è stato in prigione? Che cosa ha fatto? “ chiedeva, e poi continuava “ perché non ha fatto l’albero di Natale? E neanche il presepe? Perché sta sempre solo? Secondo te, papà, lui è cattivo? “
Andrea, al contrario, se ne stava in silenzio. Lo conosco bene mio figlio, e ho capito subito che tu non l’avevi convinto. E’ rimasto pensieroso per tutta la sera, infine è arrivato a una conclusione.
“ Se ha fatto vent’anni di carcere, la sua pena l’ha scontata, no? “ ci ha fatto notare e il giorno dopo è venuto da te. Questa volta è venuto da solo, non lo so cosa vi siete detti, so che è tornato a casa diverso, come se il tempo trascorso con te lo avesse maturato.
“ L’ho invitato a pranzo da noi, per Natale “ ha detto risoluto.
Anna si è messa a saltare intorno al tavolo battendo le mani…” che bello! Che bello! “ ripeteva.
Io non sapevo che dire e allora ho preso tempo…” vediamo cosa dirà papà.”
La sera della vigilia ha iniziato a nevicare. Una neve dapprima a falde larghe, che si posa e scompare, poi sempre più fitta. Attraverso i vetri della finestra, Anna guardava fuori e non stava nella pelle.
“ Andremo alla messa di mezzanotte, vero mamma? ” mi chiedeva continuamente, perché non poteva aspettare il giorno dopo per uscire e immergersi in tutto quel candore.
La messa della notte di Natale era in programma, ma io ero indecisa…” non lo so..sta nevicando davvero forte – rispondevo – e papà ha il turno di notte. La chiesa è lontana per andare a piedi.”
Anna stava mettendo su il broncio, Andrea le faceva il verso. Litigio in vista. Anna non sopporta di essere presa in giro. Mancavano venti minuti alla mezzanotte quando sentimmo il motore di una macchina fermarsi davanti a casa. Andrea ebbe un guizzo negli occhi e scattò in piedi  
“ E’ lui, è venuto “, disse  e corse fuori. Io l’ho seguito. La tua jeep era proprio lì davanti…” forza, datevi una smossa, altrimenti faremo tardi alla messa!” hai detto. Il tuo viso si confondeva nella neve che continuava a scendere turbinando, ma dal finestrino abbassato la tua voce era arrivata anche ad Anna che dopo pochi minuti schizzava fuori, vestita di tutto punto. Avevo altra scelta? Mi preparai in un baleno e poco dopo eravamo tutti sulla jeep.
Guardai quel complottista di mio figlio: aveva un’aria terribilmente soddisfatta.