SEI LETTERE PER UNA STORIA                       Giugno 2016
Egregio Sig. Andrea Tamburi,
mi chiamo Elsa e sono la nipote del Conte Egidio di Montescuro.
Noi non ci conosciamo, ma certamente mio nonno La conosceva.
Il nonno è venuto a mancare dieci giorni fa e nel suo testamento era inclusa una buste indirizzata a Lei.
Ovviamente il notaio non potrà concludere le pratiche testamentarie senza la Sua presenza.
La prego pertanto, compatibilmente con i suoi impegni, di raggiungerci quanto prima.
In attesa di suo riscontro rimango a disposizione per ulteriori chiarimenti.
Cordiali saluti
Elsa di Montescuro



Gentile Sign. Elsa ( Signora o Signorina? ),
la lettera da lei inviata era indirizzata a mio padre che purtroppo ci ha lasciati già da parecchi anni.
Io non so se mio padre e suo nonno si conoscessero, ma di sicuro non ho mai sentito nominare nessun
“ Egidio di Montescuro e per di più Conte”.
Mi sorge addirittura il dubbio che qualcuno voglia giocarmi un brutto scherzo, per cui non ho nessuna intenzione di intraprendere un viaggio di più di mille chilometri unicamente sulla base delle sue quattro righe. Gradirei per maggior conferma uno scritto dal notaio che cura le ultime volontà del Conte suo nonno.
La ringrazio cordialmente, distinti saluti,
Riccardo Tamburi


Gentile Sig. Riccardo Tamburi,
comprendo le sue perplessità ma anche per noi la busta indirizzata a suo padre rappresenta un vero e  proprio mistero, mi creda.
Mio padre, che mi ha affidato il compito di contattarvi, non sa assolutamente nulla di quel plico ed inoltre  né a lui, né agli altri componenti della nostra famiglia risulta che il nonno abbia mai soggiornato in Sicilia.
Le farò comunque avere una lettera dal notaio, in modo che lei possa constatare la veridicità di quanto le ho comunicato.
Contraccambio distinti saluti,
Elsa di Montescuro ( signorina)





Gentilissima signorina Elsa,
ho ricevuto comunicazione dal notaio riguardo alla busta di cui lo stesso è depositario e ho quindi fugato ogni dubbio, del resto già avevo potuto acquisire qualche certezza per mio conto. In questi giorni ho condotto un’ approfondita indagine in ambito familiare e sono venuto a sapere che la mia nonna paterna, negli anni in cui mio padre era ancora bambino, ha soggiornato a Biella per un periodo abbastanza lungo: alloggiava presso una zia che le aveva procurato un lavoro in un’azienda tessile.
Mia nonna faceva l’operaia: come abbia potuto conoscere suo nonno questo proprio non lo so, tuttavia pare che sia avvenuto. Detto questo, la informo che raggiungerò Biella appena mi sarà possibile, spero presto. Le farò sapere.
Cordiali saluti
Riccardo




Gentile sig. Riccardo,
lei ci ha indicato una pista da seguire; cercheremo di scoprire cosa ha legato mio nonno a suo padre e a sua nonna.
Saremo lieti di conoscerla e di ospitarla nel nostro palazzo quando potrà raggiungerci.
Nell’attesa le invio, anche da parte della mia famiglia, distinti saluti.
A presto, Elsa.




Gentile sig. Riccardo,
negli ultimi giorni anche io ho cercato di saperne di più sul rapporto che ha legato mio nonno alla sua famiglia. Non è stato facile, poiché l’unica persona che avrebbe potuto aprirmi qualche spiraglio è una zia ultranovantenne, sorella del nonno, la quale abita a Genova.
Purtroppo le sue condizioni non sono ottimali sul piano fisico e tanto meno su quello mentale, tuttavia, quando sono entrata nella sfera dei ricordi, nel richiamare tempi lontani, lei è apparsa straordinariamente lucida. Mi ha parlato a lungo di quando lei e il nonno erano bambini nel grande palazzo di famiglia, come avevano vissuto la guerra, e poi, con il passare degli anni, delle loro vite che prendevano strade diverse.
La zia andava in sposa al giovane rampollo di una famiglia di armatori di Genova. Il nonno si era assunto il compito di amministrare il patrimonio dei Montescuro, cercando di dare impulso ad una piccola azienda tessile e alla produzione di vino. E poi il matrimonio anche per Egidio, la nascita di un figlio e avanti, avanti con la vita che scorre. Finchè un giorno….

***
Egidio, quel mattino, si era alzato con uno strano malessere, una sensazione di peso al torace, l’assoluto bisogno di aria, aprire la finestra per respirare.
Non aveva detto nulla alla moglie per non preoccuparla inutilmente e aveva deciso di andare all’azienda a piedi, come al solito, solo un poco più tardi: sarebbe stato sufficiente avvertire la segretaria.
Il marchese amava camminare per le strade, soprattutto nelle prime ore del mattino, amava incontrare le persone, sentirsi parte di una comunità.
Mentre percorreva il viale del grande parco che circondava palazzo Montescuro le parve di sentirsi già meglio….” Ho dormito male, ci voleva solo una boccata d’ossigeno”, pensò.
Si chiuse alle spalle il piccolo cancello da cui solitamente passavano i fornitori e si ritrovò in strada.
Si avviò a passo sostenuto verso l’azienda che distava meno di un chilometro. Le gambe lo portavano bene e lui si sentiva rinfrancato. Che diamine! Non aveva ancora cinquant’anni!
Ad un tratto avvertì come se una parte del suo corpo fosse sottoposta a una pressione insopportabile, come se un masso enorme gli pesasse sul cuore, mentre un dolore acuto gli si propagò al braccio e, contemporaneamente sentì salire la nausea dal profondo dello stomaco.
Barcollò, fece qualche passo verso una provvidenziale panchina, dove si accasciò scomposto.
Fu allora che apparve il bambino. Veniva avanti pedalando veloce, su una bicicletta sgangherata, decisamente troppo grande per lui.
Il bambino lo oltrepassò, il busto teso in avanti, come per tagliare l’aria, le mani ben strette sul manubrio, le ginocchia aguzze muovevano gambe, come pistoni, sui pedali. Dopo una decina di metri frenò di botto e si fermò. Tornò indietro. Sempre restando in sella alla bicicletta si avvicinò a quel signore che non conosceva ma che aveva il colorito di un cadavere….” Signore…signore…” chiamò. E poi di nuovo a pedalare, più veloce che poteva verso il centro dell’abitato.

***

Il dott. Garberi diede per certo che senza l’intervento tempestivo del bambino il Marchese Egidio di Montescuro non avrebbe lasciata vivo quella panchina.
Il bambino ebbe in regalo una bicicletta nuova fiammante, ma il Marchese avrebbe voluto far valere ben in altro modo la propria riconoscenza. Non ci fu modo. La madre del bambino non accettò nulla di più.
“ Tutti hanno da aiutare tutti ” e su quella affermazione aveva chiuso il discorso.


Ecco, Sign. Riccardo, credo che questa storia spieghi tutto ed è davvero una bella storia.
Io e la mia famiglia l’aspettiamo quanto prima.
Il nonno sarà felice di poter finalmente rendere tangibile la sua riconoscenza.
Un saluto cordiale
Elsa