UN  GIORNO  O  L’ ALTRO       Ascoltando  Jannacci                               Aprile '17
Un giorno o l’altro mi prenderò quelle scarpe. Stanno lì da non so quanto tempo e nessuno le compra. Tutte le mattine fuori, tutte le sere dentro. Fuori dal negozio e poi di nuovo dentro, nella cesta delle scarpe alla rinfusa. Ci scommetto che se gliele porto via, gli faccio un piacere a quei due. Marito e moglie, secchi come bastoni, che sembrano proprio stufi di cercare il numero giusto, e di dire “ vedrà che le staranno come un guanto.”
Io mi prenderò quelle scarpe da tennis. Saranno un  44/45, sicuro. Celesti. Chi è quello che si va a comperare un paio di scarpe celesti, che è un colore da donna? A me però sì, mi piacciono, e mi andrebbero anche bene come misura. Un bel paio di scarpe leggere, con questo caldo, e poi anche quando farà freddo, se riesco a trovare delle calze belle pesanti…E’ che non lo so, se alla fine sarò capace di rubare. Non l’ho mai fatto. Ricordo poco di quando ero bambino, ma che non si deve rubare quello me l’hanno insegnato.
Se deciderò di rubare le scarpe, ruberò quella volta lì e mai più, lo giuro.
Io di scarpe così non ne ho mai avute, ma sono convinto che sono comode. Vedo tanti ragazzi che le portano, e non ci giocano solo a tennis. Ci corrono, ci vanno a scuola, saltano su e giù dagli autobus come grilli. Nei piedi hanno quelle scarpe lì, quando si tengono per mano perché sono innamorati.
Anche io ho un amore da sognare. Andrò da lei con le mie scarpe nuove, color del cielo e dei suoi occhi, che secondo me devono essere azzurri. Io no, non ce li ho azzurri gli occhi. Non lo so neanche più di che colore sono i miei occhi, da tanto che non mi guardo in uno specchio. Però tutti dicono che i miei occhi sono buoni. Forse non lo diranno più dopo che avrò rubato le scarpe. Certo è che io non ho mai fatto male a nessuno. Se posso aiutare qualche povero diavolo come me, che vive per strada, lo faccio volentieri, e tutto finisce lì.

Un giorno o l’altro mi piacerebbe aiutare anche una persona di quelle che una vita ce l’hanno. Per esempio uno di quei signori che viaggiano sulla fuoriserie. In cambio del mio aiuto gli chiederei di farmi fare un giro sulla sua macchina, anzi mi farei portare dritto, dritto, all’Idroscalo che così magari lei mi vede. Se scendi da una macchina di lusso le donne ti guardano in modo diverso, ma non lo so se trovo uno che mi fa salire su una macchina tanto bella, che di sicuro ha paura che gliela sporco perché sono conciato un po’ male. Quando avrò le scarpe nuove però, vedrai che uno di quei signori lì si ferma per chiedermi qualcosa, tipo… “mi può dire se vado bene per l’aereoporto? ”
E io gli dirò…” non lo so, di qui si va all’Idroscalo ”, e poi glielo chiederò subito se mi fa salire, per favore.
E  molla e tira, e sì e no, alla fine vedrai che, per una volta, mi ci faccio portare in macchina all’Idroscalo, che le macchine sono un altro amore solo da sognare.

Un giorno o l’altro prenderò anche la decisione di parlare con lei, la ragazza che all’Idroscalo ci lavora. Sta nel chiosco a vendere bibite e a fare caffè. Vende anche gelati. Lei è bella come una fata e d’ogni tanto raccoglie con le mani i suoi lunghi capelli e se li lega in cima alla testa, e sembra che s’è messa in testa una fontana. Allora si vede che ha il collo sottile e le orecchie piccole. Ogni tanto lei guarda dalla mia parte.
Io non mi faccio mica vedere; sto seduto su una panchina un po’ nascosta dietro a un albero, ma secondo me, lei lo sa che io sono lì. Allora, quando avrò le mie belle scarpe da tennis, mi darò anche una pettinata a questi capelli arruffati, prenderò coraggio e andrò al chiosco e le dirò… “mi fa un caffè, per favore?”
Questa frase me la ripeto spesso, me la dico e la ridico parlando con me stesso, mentre me ne vado a piedi sulla strada per l’Idroscalo. Provo l’intonazione della voce perché voglio che lei mi trovi simpatico, e poi le chiederò anche, “ come ti chiami?”  E mentre aspetterò il mio caffè, potrò guardarla da vicino, e lei dirà… “ecco il suo caffè “, e io in quel momento salterò fuori da me stesso e diventerò un altro.
Per un momento solo, ma può bastare. Io mi accontento.

Un giorno o l’altro incontrerò un poeta. Guarderà le mie scarpe e dirà…” ci farò una canzone.”
Io continuerò a camminare con le mie scarpe da tennis. Continuerò a camminare sulla strada che porta all’Idroscalo. Continuerò a ripetermi le frasi parlando per me stesso, per prendere coraggio e farmi anche un po’ di compagnia. E penserò al poeta, che mette le parole in musica. Mi piacerebbe avere un poeta per amico. I poeti sono un po’ come me, sognano l’amore e vivono di niente.
I poeti sanno compiere prodigi, prendono un sasso e lo trasformano in diamante.

Un giorno o l’altro mi riconosceranno dalle scarpe. Le vedranno sporgere da un involucro di cartone allungato su un marciapiede e diranno… “ sì è lui.”  Resteranno a guardare senza far niente . Guarderanno perplessi, come davanti a una di quelle opere d’arte moderne che si stentano a capire. Guarderanno le scarpe che la strada avrà colorato d’ asfalto, e saranno come una seconda pelle sui miei piedi lividi. Consumate un po’ qui, un po’ là.
Diranno… “ le ha messe e non le ha più tolte. Sole, pioggia, faceva lo stesso.”
Si fermerà anche qualcuno di quelli che vanno sempre di fretta, e guarderanno incuriositi.
Chiederanno… “ ma chi c’è dentro a quei cartoni?”
Gli risponderanno … “ nessuno, non è nessuno.”
E lo so, che passerà di lì anche il poeta. Non chiederà niente, ma lentamente si chinerà sul bozzolo di cartone. Guarderà le scarpe, le guarderà bene, e poi come se lì dentro ci fosse un bambino che non vuol dormire, sottovoce mi canterà una canzone…
” el purtava i scarp del tennis, el parlava de per lu…”