Un passo tratto da Storie Semplici

Racconto - Stagioni di Ieri -
L’inverno quell’anno sembrava non volesse aspettare il suo tempo e già ai primi di novembre, subito dopo le festività dei Santi, c’era la neve. “... Fortuna che è neve marcia, che non si ferma...” diceva la gente del paese ed era la stessa cosa che il bambino sentiva ripetere dai suoi genitori che preferivano fioccate frequenti ma di breve durata, con quella neve che oggi c’è e domani non c’è più, piuttosto che nevicate rade ma molto intense come quelle dell’anno precedente, che bisogna­va spalare per delle settimane. Il bambino, al contrario, non aspettava altro che quei fiocchi fitti, fitti, che dopo mezz’ora hanno già ricoperto ogni cosa e scendono implacabili, posandosi uno sull’altro all’infinito, finché tutto risulta uniforme, senza più la distinzione tra ciò che è bello e ciò che non lo è, perché ogni cosa si riveste di candore.
Era con quel tipo di neve che avrebbe potuto costruire un’altra tana-igloo che, nel suo cuore, aveva promesso a suo fratello ancor prima che nascesse; così appena il bambino si accorgeva che iniziava a nevicare un’altra volta, subito si met­teva ad osservare come i fiocchi impattavano sul terreno poi, sconsolato, andava vicino ad Angelo, gli prendeva la piccola mano, l’accarezzava e sbuffando recriminava... “Ancora nien­te, con questa stupida neve la nostra casetta non si può fare”.
Non ci fu verso, quell’inverno fu sì precoce ma anche mite e solo a metà febbraio si ebbe una nevicata abbastanza con­sistente che ridiede speranza al bambino. I primi fiocchi ini­ziarono a cadere intorno a mezzogiorno, a metà pomeriggio c’era già una coltre spessa due palmi e continuava a venire, allora il bambino uscì sul terrazzino e considerò la situazio­ne. Forse sì, forse poteva iniziare la costruzione della casetta, ma in modo diverso, perché la neve non era così abbondante come la volta precedente; non avrebbe scavato nessuna buca ma tirato su due pareti di neve partendo dal muretto che chiu­deva il fondo del terrazzo e poi... a quel punto la porta di casa si aprì e il bambino scorse sua madre con Angelo in braccio. “... Fa giocare anche un po’ tuo fratello...” disse e mettendolo a terra aggiunse con una vena di ironica tenerezza... “ecco qui, il nostro fagotto di stracci con dentro un bambino...”.
Il piccolo sembrava impazzito dalla gioia, gattonava nella neve, ne prendeva grosse manciate e la stringeva tra le mani, poi siccome gli restava attaccata ai guanti di lana, la metteva in bocca e la masticava. Il fratello ogni tanto gliene tirava un po’, allora Angelo rideva con un gorgoglio in gola che ricordava quello dell’acqua di un ruscello.